๐ Il lievito terrestre che sogna le stelle
Un microrganismo antico come la civiltà umana potrebbe un giorno diventare il primo colono del Pianeta Rosso.
Un giorno, forse, stapperemo una birra su Marte. E potrebbe non essere un sogno da fantascienza, ma il risultato di un esperimento scientifico reale.
Secondo un recente studio pubblicato sulla Revista de la Asociación Geológica Argentina, il Saccharomyces cerevisiae — il classico lievito da birra — sarebbe capace di sopravvivere alle condizioni estreme del Pianeta Rosso.
Dal bicchiere al laboratorio
Il team guidato dalla geologa argentina Pamela G. Aramayo ha simulato in laboratorio le caratteristiche dell’ambiente marziano: temperature attorno ai –60 °C, bassa pressione atmosferica, radiazioni ultraviolette e un suolo ricco di ossidi.
In questo contesto, diversi microrganismi terrestri sono stati messi alla prova. E il risultato più sorprendente è arrivato proprio dal protagonista delle nostre birre: il lievito.
Il Saccharomyces cerevisiae ha mostrato una resistenza inaspettata, riuscendo a mantenere parte della sua vitalità e della struttura cellulare anche dopo esposizioni prolungate. Un segno che, forse, la vita è più tenace di quanto immaginiamo.
Più di una birra nello spazio
L’obiettivo dello studio non è solo — o non ancora — quello di portare la birra nello spazio.
Comprendere come organismi terrestri possano adattarsi a un ambiente extraterrestre significa aprire la strada a sistemi biologici autosufficienti: piccole biosfere in grado di produrre cibo, energia e materiali su altri pianeti.
Il lievito, in questo, è un candidato ideale. Trasforma zuccheri in alcol, anidride carbonica ed energia: tre elementi che, in un’ipotetica economia marziana, potrebbero rivelarsi fondamentali.
Prove di sopravvivenza marziana
Per testarne la resistenza, i ricercatori hanno sottoposto i lieviti a due sfide estreme.
La prima: onde d’urto ad alta intensità, per simulare l’impatto di meteoriti o le variazioni di pressione tipiche di Marte.
La seconda: esposizione a sali di perclorato, composti ossidanti abbondanti nel suolo marziano.
Sorprendentemente, alcuni ceppi selvatici di S. cerevisiae sono riusciti a sopravvivere a entrambe le condizioni, continuando persino a crescere — seppure lentamente. Non una vita comoda, ma una prova di resilienza eccezionale.
La strategia del sopravvivere
Il segreto sta nei suoi meccanismi cellulari.
Quando si trova sotto stress, il lievito attiva una risposta precisa: forma piccoli aggregati interni, i cosiddetti P-bodies e stress granules, che conservano l’RNA e proteggono i messaggi genetici essenziali.
È come se entrasse in una modalità di “ibernazione intelligente”, aspettando tempi migliori per riprendere la sua attività.
Dalla Mesopotamia a Marte
Che un organismo nato per fermentare pane e birra possa resistere su un altro pianeta è un’immagine affascinante.
Il lievito, silenzioso compagno dell’uomo fin dagli albori della civiltà, potrebbe diventare il primo colono microbiologico di Marte.
E forse, un giorno, quando solleveremo un bicchiere sotto un cielo rosso, non brinderemo solo a un successo scientifico, ma anche alla straordinaria capacità della vita — e dell’ingegno umano — di adattarsi ovunque.
01/11/2025